Attenzione a questo antidolorifico comune: ecco quale aumenta di più il rischio infarto

L’uso improprio o eccessivo di alcuni tra i più comuni antidolorifici che si trovano facilmente in farmacia o supermercato comporta rischi per la salute spesso sottovalutati. La ricerca scientifica degli ultimi anni ha messo in evidenza come determinati principi attivi possano aumentare, anche di molto, la probabilità di sviluppare eventi cardiovascolari gravi, in particolare l’infarto miocardico acuto. È quindi fondamentale conoscere quali sono i farmaci più a rischio e come ridurne al minimo i pericoli con un utilizzo consapevole e informato.

Ibuprofene e Naprossene: gli antidolorifici che più aumentano il rischio di infarto

I FANS (Farmaci Antinfiammatori Non Steroidei) sono una classe di molecole ampiamente utilizzata per combattere dolori muscolari, mal di testa e febbre. Tra i più noti troviamo ibuprofene e naprossene, disponibili senza ricetta e impiegati spesso in modo continuativo per sintomi cronici o ripetuti.

Numerosi studi internazionali hanno evidenziato che l’uso anche per brevi periodi di questi principio attivi può comportare un aumento del rischio di infarto anche del 50% rispetto ai soggetti che non li assumono. Il rischio maggiore si osserva nelle prime settimane di utilizzo, raggiungendo il massimo nel primo mese di trattamento. Gli effetti dannosi tendono comunque a diminire progressivamente dopo l’interruzione della terapia, ma possono manifestarsi già dopo pochi giorni dalla prima assunzione se la dose è elevata o se il soggetto presenta altri fattori di rischio come ipertensione, fumo o diabete.

Il meccanismo alla base di questa pericolosità è legato principalmente alla capacità dei FANS di inibire l’enzima ciclo-ossigenasi (COX), responsabile della sintesi di prostaglandine, sostanze fondamentali nei processi di infiammazione ma anche di tutela della mucosa gastrica e del rene. La loro azione può determinare aumento della pressione arteriosa, ritenzione idrica e un carico supplementare sul sistema cardiovascolare, predisponendo così l’individuo a fenomeni ischemici come l’infarto e l’ictus.

  • Ibuprofene e naprossene: rischio di infarto aumentato fino al 50% per assunzioni elevate o prolungate.
  • Il paracetamolo, sebbene diverso dai FANS, non è esente da rischi, soprattutto nei soggetti già ipertesi.
  • Il diclofenac è un altro principio attivo associato a incrementi dei rischi cardiovascolari.

Paracetamolo: rischi specifici per chi è già iperteso

Il paracetamolo è spesso considerato l’antidolorifico più sicuro e viene prescritto regolarmente per gestire sintomi come mal di testa e febbre. Tuttavia, recenti studi hanno messo in luce che anche questa molecola può aumentare il rischio di problemi cardiovascolari, in particolare per chi soffre già di ipertensione arteriosa. In queste persone, l’uso regolare di paracetamolo, soprattutto a dosaggi elevati e per periodi prolungati, determina un ulteriore aumento della pressione sanguigna, peggiorando il quadro clinico e predisponendo a infarto e ictus.

La correlazione tra ipertensione e paracetamolo non deve essere trascurata: per chi assume farmaci antipertensivi, l’integrazione di paracetamolo nella routine quotidiana senza controllo medico può annullare o ridurre l’efficacia dei trattamenti in corso.

La differenza tra i vari FANS e la scelta più sicura

Sebbene molti antidolorifici siano associati a un aumento del rischio infarto, esistono differenze significative tra le molecole. I dati suggeriscono che tra i FANS comuni, alcuni come celecoxib sembrano comportare rischi inferiori rispetto a ibuprofene e naprossene, pur non essendo completamente privi di effetti collaterali.

Di particolare rilievo è il concetto che il rischio è dose-dipendente: l’assunzione di dosi elevate o la durata prolungata della terapia aumentano la probabilità di sviluppare problemi cardiovascolari. Tuttavia, anche l’assunzione per pochi giorni può rappresentare un rischio concreto, soprattutto per chi ha una storia clinica di disturbi cardiocircolatori.

Fattori di rischio aggravanti

Tra gli elementi che aumentano la vulnerabilità agli effetti collaterali degli antidolorifici, i principali sono:

  • Presenza di ipertensione
  • Storia di infarto o ictus pregressi
  • Abitudine al fumo o consumo di alcol
  • Diabete o altre patologie croniche

In tutti questi casi, la prescrizione di antidolorifici deve essere attentamente valutata dal medico curante, che dovrebbe preferire alternative con un profilo rischio-beneficio più favorevole.

Come ridurre i rischi: uso consapevole degli antidolorifici

L’informazione è il primo passo per un uso sicuro degli antidolorifici. Per ridurre il rischio di eventi cardiovascolari è essenziale:

  • Utilizzare questi farmaci solo quando strettamente necessario.
  • Preferire la dose minima efficace per il minor tempo possibile.
  • Non ricorrere all’automedicazione per dolori lievi o disturbi di breve durata.
  • Prestare particolare attenzione in caso di ipertensione o fattori di rischio cardiovascolare.
  • Consultare sempre il proprio medico, soprattutto in caso di terapia cronica per altre patologie.

Non bisogna considerare gli antidolorifici come rimedi inoffensivi o “caramelle”, ma come veri e propri farmaci che, se utilizzati male, possono causare danni seri ed irreversibili. In particolare, chi si trova in situazioni di rischio dovrebbe discutere con il medico l’opportunità di ricorrere ad alternative non farmacologiche, come tecniche di rilassamento, fisioterapia, o semplici cambiamenti dello stile di vita.

La crescente attenzione della comunità scientifica verso questi effetti collaterali dimostra quanto sia fondamentale abbandonare l’idea di “automedicazione” che spesso accompagna l’uso degli antidolorifici, privilegiando invece una visione di salute integrata e personalizzata.

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